martedì 31 maggio 2016

Vision Divine - "Stream of Consciousness" - 2004

Il perpetuo processo osmotico avvenuto fra le cellule della triade Labyrinth-Rhapsody(Of Fire)-Vision Divine è stato, nel periodo a cavallo fra i due millenni, il motore della scena Power Metal tricolore. Un interscambio fisiologico di musicisti dal DNA totalmente compatibile e dalle indiscutibili qualità tecniche, che ha generato nel corso degli ultimi vent'anni un notevole rimescolamento di idee e formazioni.
Dall'incarnazione più giovane del genio di Olaf Thorsen prende vita il concept "Stream Of Consciousness".

"Qual'é il segreto della vita?
Cerco un altro modo prima d'impazzire,
prima che sia troppo tardi..."

Questo è in sintesi l'annoso quesito attorno al quale si dipanano l'intero album e l'opener "The Secret Of Life", pregiata vetrina per le doti dei cinque ragazzi; la sezione ritmica è impeccabile, precisa, fantasiosa e, tanto per gradire, si concede il lusso di non farsi soverchiare dalle scorribande tastieristico-chitarristiche del funambolico duo Smirnoff-Thorsen.

Sì, ma chi canta? Fabio Lione, no?
Eh, no...dietro al microfono fa il suo esordio il trentenne Michele Luppi che, in possesso di una vocalità ariosa e cristallina, è la ciliegina su una band nettamente superiore alla media, e non mi riferisco solo a quella italiana.

Lo si nota nella perfezione di "Colours Of My World" dove refrain e bridge gareggiano in uno scontro titanico per imprimersi nelle nostre menti, se ne ha la conferma in una "The Fallen Feather" plasmata per evidenziare le doti interpretative del singer emiliano e, finalmente, ogni minuscolo dubbio viene spazzato via dall'uragano power de "La Vita Fugge" in un rincorrersi di riff e doppia cassa, con tanto di acuto finale! Tanta, tanta, tanta roba!

"Adesso sono qua, seduto nell'angolo
di una stanza vuota.
I miei occhi sono perlacei.
Nella mia mente c'è il silenzio."


"Ora e per sempre ci sarà
un angelo che mi fissa
e Lui mi aspetta accanto a quella porta."

L'incursione nell'A.O.R. d'oltreoceano di "Version Of The Same" ci predispone alla dinamiche e progressive "Trough The Eyes Of God" e "Shades", ennesimo paio di songs degne di ovazione. Da sottolineare con ammirazione il gran lavoro svolto dietro i tamburi e alle tastiere della seconda.

"We Are We Are Not" possiede una strofa incisiva che sfocia in un ritornello liberatorio e successivamente un finale trascinante, come trascinante e coinvolgente risulta "Out Of The Maze" col suo saliscendi emozionale.
Il cerchio si chiude con la struggente power-ballad "Identities"; pianoforte, violoncello e la solita voce meravigliosa vengono travolti dagli strumenti elettrici a metà del brano fino al fatidico finale.



"Sono qua.
E' questa la fine che
ho sempre cercato?
Il significato di ciò che ho chiamato VITA?"

Un disco irrinunciabile in cui melodia, tecnica sopraffina, potenza, gusto negli arrangiamenti e infinite sfumature leniscono un'esistenza gravata da troppe domande e nessuna risposta esauriente.