sabato 28 maggio 2016

Arcade Fire - "Funeral" - 2004

"Il mio albero genealogico
sta perdendo tutte le sue foglie.
Alice è morta, di notte.
E' tutta la vita che sto imparando a guidare..."

E' con questa disarmante confessione d'impotenza dinanzi all'Inevitabile che si congeda "Funeral", primogenito in casa Butler-Chassagne che, coadiuvati dalla loro nutrita compagine, costituiscono gli eccezionali Arcade Fire.
Fra le pieghe emozionali ed i crescendo di "In The Backseat" non è difficile scorgere l'afflizione per la sequela luttuosa che colpì vari membri (7-8 tutti polistrumentisti) della band durante le registrazioni del loro esordio.

Un microcosmo non dissimile da altri milioni di realtà quotidiane, fatto di storie di poco conto, ma d'immaginifica straordinarietà: è qui che ci trasporta l'ensemble canadese fin dall'opener
"Neighborhood #1 (Tunnels)", traballante, stralunata, irresistibile commistione di mandolino, organo e charleston su cui la voce del mastermind Win Butler declama allucinata:

"Se i miei genitori stessero piangendo
scaverei un tunnel dalla mia finestra alla tua.
Purifica i colori, purifica i pensieri
e spargi le ceneri su questo mio cuore."

E che dire del "caos controllato" fra corde d'archi svisate, cantato folle e fisarmonica che imperversa in "Neighborhood #2 (Laika)"?
Una parola solamente: chapeau.

Persino il canonico 4/4 della dolce nenia "Une Anné Sans Lumière" riesce a fare breccia nelle nostre orecchie, anche se sono gli occhi che questa ci esorta ad aprire, esattamente come accade nell'incalzante e ritmata "Rebellion (Lies)".
Stridio d'archi, arpeggio sbilenco di acustica e scricchiolii elettronici avvicinano "Neighborhood #4 (7 Kettles)" a certo Neofolk del 2000, mentre "Crown Of Love" è una ballad implorante e dal sapore antico, commovente. Refrain da riempire gli occhi ed un finale da brividi ne fanno un brano a dir poco meraviglioso.

"L'amore è stato creato per essere dimenticato.
Ho inciso il tuo nome sulle mie palpebre;
TU desideri pioggia ed IO cecità..."

"Neighborhood #3 (Power Out), "Wake Up" e "Haiti", infine, sono pezzi "minori" o, se volete, non in possesso di quella straordinaria "luccicanza" che ammanta il resto del platter.
Minuscole favole oscure, metafore pregne di quotidianità e di fervida fantasia.

La MORTE, in fondo, non è che l'inizio...