martedì 31 maggio 2016

Timoria - "Viaggio Senza Vento" - 1993

Che si tratti di mero atto fisico, spirituale o cerebrale, il VIAGGIO è una necessità antica tanto quanto l'uomo.

"Viaggiare rende modesti. Ti rendi conto del piccolo ruolo che ricopri nel mondo" - G. Flaubert

Giunti alla prova del nove, con il cruccio di non riuscire ad emergere in un panorama, quello del rock cantato in italiano, i Timoria mettono a tacere gli scettici con il loro album meglio riuscito.
Le ventuno tracce che compongono questo "Viaggio Senza Vento" ci rendono partecipi del metaforico viaggio del fantomatico Joe.
Il concept è un ottimo contesto in cui sfoggiare le proprie doti e i cinque bresciani, forti dei testi poetici di Omar Pedrini e della duttile voce di Francesco Renga, centrano in pieno l'obiettivo prefissosi.
La compagine lombarda appare coesa ed in forma smagliante fin dall'iniziale "Senza vento", sorta di inno generazionale e loro brano più celebre.

Chitarre distorte ed un sentore grunge ci fanno rendere conto che la lingua che fu di Dante, innestata su un tessuto sonoro storicamente ostico per le orecchie italiane, funziona che è una meraviglia.

Giusto il tempo di fare la conoscenza di "Joe" e si viene risucchiati dal malinconico arpeggio di "Sangue impazzito", ballata dark pregna di pathos. Altra canzone storica, altra prestazione da applaudire.
"Lasciami in down" e "Il guardiano di cani" ci mettono in guardia sull'uso di droghe e sul potere dei "padroni".

Di nuovo "chapeau" dinanzi alla voglia di riscatto de "La cura giusta", suggellata da un evocativo assolo di flauto alla Jethro Tull. 

"Dicon: "L'hai voluto Tu..."
Qui c'è la cura giusta per non guarire MAI".


"La fuga" ci esorta a tagliare i fili da burattini quali siamo diventati e di partire.
Magari proprio "Verso Oriente", dove un redivivo Eugenio Finardi duetta con Pedrini in una canzone densa e affascinante.
Altro brano cardine del platter è sicuramente la corale "Freedom", in cui il pianoforte scandisce l'agrodolce partenza di un caro amico.
Impossibile non menzionare "Il mercante dei sogni" col suo andamento irresistibile e le azzecate melodie.

"13 schiavi nel giardino del Re stanno cercando il Fiore Sacro per te".

"Piove", dal refrain contagioso e dalla sezione ritmica compatta è l'ennesima traccia da ricordare, così come l'orientaleggiante e suggestiva "La città di Eva". "Il guerriero" chiude il cerchio/viaggio con una ritrovata consapevolezza e una rinvigorita fiducia in sè stessi. Degno finale per un album da riscoprire e, senza dubbio, apprezzare.

P.S. Proprio durante le registrazioni avvenute tra giugno e luglio 1993 a Milano, nella lontana Virginia il signor John Bobbitt veniva, ehm...privato del suo "fratellino" dalla moglie Lorena durante il sonno.
Dopo avergli reciso il pene, questa salì in macchina, fece un po' di strada e lo gettò dal finestrino...

Questo per dire che TUTTI possono viaggiare.