Diamo insieme un'occhiata alla cover di "No Need To Argue", vi va?
Accalcati sul divano possiamo ammirare da sinistra verso destra i fratelli Noel e Mike Hogan (abbigliati in maniera quantomeno discutibile...) e il batterista Fergal Lawrel che pare non capacitarsi del fatto di trovarsi proprio lì.
Rannicchiata a terra, in primo piano, lo scricciolo biondo battezzato Dolores Mary Eileen O'Riordan 23 anni prima in quella Limerick dove i quattro sono nati e cresciuti.
Lei ha tutta l'aria della ragazza sensibile, semplice, cattolica (siamo in Irlanda!), a suo agio assieme ai tre amici che le guardano le spalle dietro le quali ha seminato un discreto debut album e su cui si poggerà l'onere di un'ascesa vorticosa. Ma questo nessuno di loro ancora lo sa...
Già, perché scandita da un arpeggio di acustica, tamburello, archi solo accennati e cori a sostegno di una voce inconfondibile, "Ode To My Family" apre il disco con un'accorata dichiarazione di NORMALITA'; una sorta di guscio protettivo nei confronti dell'invadente mondo esterno e delle sue distorte verità.
"Capisci quello che sono diventata?
Non era il mio scopo, e la gente ovunque
mi ritiene migliore di ciò che sono."
Non era il mio scopo, e la gente ovunque
mi ritiene migliore di ciò che sono."
Il ritmo si alza nell'amara "I Can't Be With You" per placarsi in una "Twenty-One" sussurrata, intima e chiusa da suggestivi vocalizzi.
Angosciante come solo gli anni '90 hanno avuto modo di essere, con quella tipica ed epidemica mancanza di fiducia negli occhi, satura di power-chords spessi ed opprimenti come la terra che copre i defunti e una patina darkeggiante a sigillare ermeticamente una linea melodica ad impressione istantanea.
Parlo ovviamente di "Zombie", loro sgomento manifesto pregno di rabbia ed incredula rassegnazione, nonché uno dei brani cardine dell'intero decennio.
"E' la stessa storia dal 1916.
Nella tua testa stanno ancora combattendo
coi loro carri armati e le loro bombe.
Nella tua testa stanno morendo."
Nella tua testa stanno ancora combattendo
coi loro carri armati e le loro bombe.
Nella tua testa stanno morendo."
Il trittico susseguente si rivela purtroppo di gran lunga inferiore a quanto ci è stato proposto finora e lascia strascichi amari, perché "Empty" e "Everything I Said" possiedono rispettivamente sezioni finali irritanti e noiose, e l'incursione sporadica di una solitaria steel-guitar non basta ad evitare a "The Icicle Melts" la poco ambita targhetta di Filler del platter.
Da qui in avanti ci si può solo risollevare ed il buon gioco di piani e forti della quasi drum'n bass "Disappointment" è gustoso antipasto di una "Ridicolous Thoughts" che precorre le atmosfere cupe di "To The Faithful Departed", confermando che il quartetto si esprime al meglio quando può digrignare i denti, nonostante la loro ballad per eccellenza "Dreaming My Dreams" sembra messa lì apposta per smentire quanto appena detto. Song delicata in cui una viola se ne va in giro disegnando intense suggestioni dal flavour celtico e sognante.
"E lì fuori, lì fuori,
lì fuori, se mi vuoi sarò lì..."
lì fuori, se mi vuoi sarò lì..."
Infine è la nuda voce di Dolores che, fluttuando sulle placide note dell'organo , ci ricorda che ognuno ha QUALCUNO di SPECIALE e pazienza se non si trova più vicino a noi.
"No Need To Argue" è tutt'altro che perfetto, penalizzato da un blocco centrale trascurabile e da varie ingenuità, ma in fondo i Cranberries sono questi.
Sta a noi se prenderli per come sono oppure lasciarli andare...