mercoledì 1 giugno 2016

Angra - "Temple of Shadows" - 2004

"La GUERRA DI RELIGIONE: in pratica vi state uccidendo per decidere chi abbia l'amico immaginario migliore..." - Richard Jeni

L'aver solo sventuratamente formulato nella propria testa un pensiero simile nel bel mezzo della Prima Crociata avrebbe esposto chiunque a pene atroci, finanche la morte stessa.
Sono trascorsi mille anni e gli uomini ancora si odiano, combattono e muoiono in nome degli stessi ideali. "Chi è Dio? Esiste? E' morto? Ce n'è uno soltanto? E perché permette certe cose?" Quesiti ancestrali, insoluti e che ci assilleranno fino al giorno del Giudizio, semmai questo giungerà.
Nel 2004 i brasiliani Angra decidono di dedicare il loro sesto studio album alla vana ricerca di un'univoca VERITA', e le vicende di un crociato (il fantomatico Shadow Hunter) durante la Guerra Santa, sono l'inamovibile fulcro del concept che sorregge "Temple Of Shadows".

Il Power-Progressive Sinfonico del sestetto paulista si presta con sconcertante efficacia alla narrazione di accadimenti storici tanto delicati quanto, purtroppo, ancora molto attuali.

Si comincia dalle assolute certezze del protagonista, gridate a gran voce nell'arrembante e messianica "Spread Your Fire", vivido sfoggio di potenza e controllo, classe non comune e spiccata personalità da parte dei singoli. E che dire del glorioso refrain? Sublime.
I primi dubbi sulla bontà della propria missione compaiono ben presto nella possente "Angels And Deamons" e in una "Waiting Silence" dinamica e coinvolgente.

"Oh Glorioso non aver paura
di farti strada con la tua spada.
Oh Glorioso tu sei il prescelto: VAI!"


Merita un discorso a parte la ballad semiacustica "Wishing Well" in cui il singer Edu Falaschi sfodera una performance commovente per intensità, facendoci riflettere sul fatto che, in fondo, Dio è OVUNQUE. Da sottolineare il modo superbo in cui la band si prepara ed arriva al coro centrale: dieci secondi estatici di voci armonizzate in un crescendo da brivido.
"The Temple Of Hate" mette sugli scudi la cordata ritmica Priester-Andreoli, un Kiko Louriero tecnicamente debordante, come da prassi, ed un cammeo del mitico Kai Hansen dei Gamma Ray (e Helloween, ovviamente!) Mica male!


Una chitarra flamenca introduce "The Shadow Hunter" lunga ed epica power-ballad attraversata da fantasiose percussioni e da un break centrale che riporta inconsciamente alla memoria addirittura i Queen!
Trascende le spoglie mortali una "Not Pain For The Dead", cui la bella Sabine Edelsbacher degli austriaci Edenbridge dona immensa grazia, rendendola un highlight assoluta del platter. Magnifica.
La tempestosa "Winds Of Destination" si avvale dei servigi del Divino Bardo Hansi Kürsch e della sua inconfondibile vocalità per toccare vette elevatissime in un pezzo che, non a caso, ricorda da vicino l'operato dei Blind Guardian. Quasi 7 minuti fra tempi irregolari, doppia cassa, assolo scintillanti di stampo neoclassico ed un finale trionfale!

"La vita è una circostanza
ogni minuto scivola via.
Dio per favore pensa a tutti noi.
Te ne importa qualcosa?"


Le melodiche e leggermente sottotono "Sprouts Of Fire" e "Morning Star" precedono l'ultimo caposaldo del disco, una "Late Redemption" che, amalgamando inglese e portoghese, si interroga su cosa sia giusto e cosa no in questa vita incerta e dai molteplici significati.
Brano carico di pathos, in un continuo crescendo di emozioni e ispirazione che suggella un album non del tutto perfetto (ma è questo il destino dei concept...), forse un po' pretenzioso, ma dal fascino indubbio.

"Anche una Guerra Santa è una GUERRA; per questo forse non dovrebbero più esserci Guerre Sante." - Umberto Eco