mercoledì 1 giugno 2016

In Flames - "The Jester Race" - 1996

In un futuro distopico e crepuscolare, spettatore inerte della decadenza di una razza umana ormai superata, gli eredi al Trono della Terra appartengono alla progredita razza di Jester. Sottomissione e conquista sono gli imperativi di un'idea evolutiva che non prevede spazio per l'obsoleta civiltà terrestre.

Sorte poco auspicabile che gli In Flames hanno presagito e sviluppato nel loro secondo lavoro "The Jester Race" in un 1995 che annovera, tra le altre uscite eccellenti, "Sloughter Of The Soul" degli At The Gates e "The Gallery" dei Dark Tranquillity.

Insomma...Göteborg caput (metal) mundi.
Immersione totale fin dall'opener "Moonshield" dove il rauco e profondo scream di Anders Fridén fa il bello e il cattivo tempo su di un riff folkeggiante, fluido e ipermelodico. Da subito ci rendiamo conto di avere a che fare con una band in forma smagliante, in grado di accarezzarci e improvvisamente sferzarci il volto con un Death Metal Melodico dall'impatto devastante.

"E come concupisco le danze e le fiamme,
nel profondo del tramonto color delle pesche,
per saggiarne la rugiada.
Da me soffia il vento e il suo fuoco
per trafugare i colori.
Io sono lo Scudo Lunare."
La dinamica strumentale "The Jester's Dance" ci introduce ad "Artifacts Of The Black Rain" in cui le chitarre ricamano note su di un impianto ritmico compatto ed infaticabile.
Breve ed epica, "Graveland" esibisce fieramente un'anima tanto Death quanto groovy. Gran pezzo da headbanging!

"Lord Hypnos" presenta una struttura lineare fino alla propria metà, quando inaspettatamente un' intermezzo semiacustico ci spinge verso un finale cromato e avvincente, mentre il basso tombale e la doppia cassa di "Dead Eternity" sostengono la song forse meno riuscita del lotto.

Giusto un lievissimo calo qualitativo, ma se questo è il prezzo da pagare per i nove minuti esatti del tandem "The Jester Race"-"December Flower", beh...ben venga!
Nella titletrack incontriamo il refrain più trascinante del disco che esplode letteralmente dopo una strofa ad alto tasso adrenalinico; tutto è al posto giusto, compreso il bell'assolo finale.

"La mietitura di cadaveri per un uomo defunto
è un convivio composto da pane lasciato a marcire
e un fosco vino venefico."

A proposito di assolo: minuto 1:27 di "December Flower". Fredrick Johansson, special guest per gentile concessione dei conterranei Dark Tranquillity, ci regala qualcosa di trascendentale, unico, strabiliante e dalle sue dita scroscia una limpida cascata sottoforma di scale ascendenti e discendenti. 40 secondi da riascoltare all'infinito. Highlight assoluto!
"E il campo fiorito è impreziosito di tinte candide e bigie
è impreziosito.
Bianco come l'albore dei fiocchi di neve.
L'eroico emblema della vita."

Echi di Iron Maiden fanno capolino nel vagamente progressive "Wayfaerer", brano per soli strumenti che precede la decima e ultima traccia "Dead God In Me".
Doppio pedale e interpretazione più veemente di un album che farà la gioia di un nutrito stuolo di ascoltatori.

Nessuna controindicazione. Ottimo. Ogni volta che volete.