sabato 29 aprile 2017

Grandaddy - "The Sophtware Slump" - 2000






"Credo vogliano che tu ti arrenda.
Ti stai arrendendo Uomo del 2000?
Hai amato questo mondo e lui ha amato te.
Non arrenderti, Uomo del 2000..."

Se d'incertezza, irrequietudine ed insicurezza vogliamo parlare è d'uopo soffermarsi a riflettere su ciò che accadeva non moltissimo tempo fa, agli sgoccioli del secondo millennio D.C., fra superstizioni medievali (Mille e non più Mille...) e disastrosi bugs informatici (poi scampati...) su scala mondiale.
Ogni cosa pareva sul punto di evolvere tanto velocemente quanto drasticamente, oppure di implodere sulle proprie tremolanti fondamenta.
Col senno del poi abbiamo constatato che gli eventi si sono attestati ed assestati nell'esatto centro.

Appunto: col senno del POI.

Nel Maggio del 2000, però, i Grandaddy da Modesto, California partorirono il loro secondo album ufficiale "The Sophtware Slump", dopo un periodo di gestazione pregno dell'instabilità di cui sopra.

Un'apprensione nei confronti dell'avvenire dubbioso ed una titubante nostalgia verso un passato che si vorrebbe portare con sé che collidono, flirtano come due amanti ed infine si abbandonano nel limbo di una "He's Simple, He's Dumb, He's The Pilot" dall'avvolgenza minacciosa. Un torpore cibernetico capace di scaldare il cuore e gelare il sangue nello spazio di un momento.
Un indolente distacco dalla propria umanità residua. Una mesta deriva.

Sonnacchiosa e dolcemente ammiccante "Hewlett's Daughter" separa il brano d'apertura da una "Jed the Humanoid" che si propone come ideale proseguimento di un'inerme alienazione fra substrati sintetici e cori filtrati.
Apocrifo dei Radiohead di "Ok Computer" se ne esiste uno. Toccante.

Esemplare ed inappuntabile prototipo di Dream-rock del XXI° secolo, "The Crystal Lake" naviga liquida su di un riff dall'efficacia disarmante, mentre la voce di Jason Lytle si muove lietamente apatica.

"Non avremmo mai dovuto lasciare
il Lago di Cristallo per luoghi
in cui gli alberi sono finti
e i cani morti con cuori spezzati..."

Ritmiche decisamente "up" e un bell'assolo di synth fanno di "Chartsengrafs" un ottimo preludio a "Underneath the Weeping Willow", pianistica e fragile come poche. Carezzevole.
Giocherella con dissolvenze ed inaspettate ripartenze invece "Broken Household Appliance National Forest", alternando una strofa pacata a bridge/refrain decisamente più turbolenti. Rocambolesco il finale accelerato!

Pulsante, vibrante, sospesa nell'etere cosmico "Jed's Other Poem" penetra l'agrodolce gioiellino "Miner at the Dial-a-View", ennesima song dalla compiutezza sorprendente a dispetto di una scrittura apparentemente lineare.
La ninnananna artificiale di "So You'll Aim Toward the Sky" ci inebria di elegiaca consapevolezza, mentre salutiamo (per sempre?) il nostro Pianeta per approdare, chissà dove e chissà quando, in un luogo migliore.
O forse no...